AVVOCATO DEI FEDELI E AVVOCATO DI DIO. Omelia nella memoria liturgica del beato Alozije Stepinac, martire

Marcello Card. Semeraro

Roma – Chiesa di san Girolamo dei Croati, 9 febbraio 2022

1. I tre testi della Sacra Scrittura appena proclamati in questa nostra Liturgia celebrata nella memoria del beato martire Alozije (Luigi) Stepinac e ci aiutano a guardare un po’ nell’intimo della sua vita. Non è certo facile addentrarsi nei segreti della persona umana. Nei primi decenni del secolo scorso Alexis Carrel, uno scienziato che fu anche premio Nobel, pubblicò un libro dal titolo: L’uomo, questo sconosciuto (1935). Intendeva che l’enorme numero di dati sull’uomo oggi fornitici dalla scienza, invece di aiutarci a conoscerlo e soccorrerlo ci accresce i problemi! Forse è un’esperienza che anche noi, in questi tempi di pandemia, stiamo facendo: l’accumulo delle informazioni scientifiche riversate quotidianamente dai social ci turbano e disorientano… Una via di soluzione da egli indicata è il recupero del senso dell’unità indivisibile dell’uomo, corpo e spirito. Diceva pure: «il precetto dell’amore reciproco, insegnato da Gesù, è una legge più importante della legge di gravitazione universale».

La carità: non è, dunque, una via per conoscere il beato Stepinac? Anche per scrutare il suo cuore. Alessandro Manzoni, nel capitolo X de I promessi sposi ne parla come di un «guazzabuglio», ossia un groviglio, un ginepraio… Ecco perché abbiamo bisogno della parola di Dio. Essa ci aiuta a capirne qualcosa. Nella prima Lettura, ad esempio, tratta dal libro della Sapienza (cf. 3,1-9), possiamo imparare che ci sono due modi per considerare le umane vicende: l’occhio umano e l’occhio di Dio. Con quale «occhio», allora, dobbiamo considerare la vicenda terrena del nostro Beato? Se lo facciamo con quello umano ecco, allora, che essa, per di più vissuta in tempi estremamente aggrovigliati e confusi, ci appare estremamente complessa. Dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinti (6,4-10), però, abbiamo udito che un ministro di Dio, pur trovandosi nelle tribolazioni, nelle persecuzioni e nei tumulti, quando si presenta con amore sincero e con le armi della giustizia è in grado di arricchire molti. Per questo noi oggi guardiamo alla figura del cardinale Stepinac: per sentirci incoraggiati e ancor più motivati nel nostro esercizio di cristianesimo.

La pagina del Vangelo (cf. Gv 12,24-36), da ultimo, ci ha ricordato una sorta di legge che vale non soltanto per la natura fisica, ma pure per quella spirituale: «se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se, invece, muore, dà molto frutto». Umanamente, noi vediamo che il chicco di grano gettato nella terra rinasce come spiga. Con l’occhio della fede fissato su Cristo crocifisso noi vediamo che dal suo costato aperto nasce la Chiesa, sua sposa. Ex corde scisso Ecclesia, Christo jugata, nascitur! Se nell’umana osservazione la nostra vita terrena è un «essere per la morte», come diceva il filosofo M. Heidegger, noi, alla luce della fede in Cristo crocifisso e risorto, riconosciamo che proprio dalla morte nasce la vita.

 

  1. Celebrandone il rito di beatificazione il 3 ottobre 1998 nella spianata del Santuario di Marija Bistrica san Giovanni Paolo II disse appunto questo: il card. Stepinac partecipò in modo singolare al mistero pasquale di Cristo proprio come chicco di grano caduto in terra di Croazia. Aggiunse quindi, che al suo popolo egli lasciava una sorta di bussola per averne orientamento nella vita. Erano i quattro punti cardinali della vita del beato Stepinac: la fede in Dio, il rispetto dell’uomo, l’amore verso tutti spinto fino al perdono, l’unità con la Chiesa guidata dal Successore di Pietro. «Per questo – concluse quel Papa – il cardinale Stepinac affrontò la sofferenza piuttosto che tradire la propria coscienza e venir meno alla parola data a Cristo ed alla Chiesa».

Di lui io ho sentito parlare fin dai miei anni giovanili. Ero allora un seminarista di scuola media e di lui ci parlavano i nostri sacerdoti. Seppi così che in occasione delle sue esequie il papa Giovanni XXIII aveva detto che era stato «una riproduzione fedele del buon Pastore divino» e un «onore della Chiesa». A mia volta, tanti anni dopo (fu nel mese di luglio del 2015), da vescovo di Albano volli portare i seminaristi e i sacerdoti più giovani della Diocesi presso la tomba del Beato, nella cattedrale di Zagabria. Era un giorno feriale; non v’era nessuna particolare ricorrenza, ma l’afflusso di fedeli era grande e vedere la loro devozione mi commosse molto sicché io stesso vi rimasi in silenzio per diverso tempo a pregare.

Davanti alla stessa tomba aveva sostato il Papa Benedetto XVI il 5 giugno 2011. Del Beato disse così: «Ha sempre tenuto fisso lo sguardo su Gesù e a Lui si è sempre conformato, al punto da diventare una viva immagine del Cristo, anche sofferente. Proprio grazie alla sua salda coscienza cristiana, ha saputo resistere ad ogni totalitarismo, diventando nel tempo della dittatura nazista e fascista difensore degli ebrei, degli ortodossi e di tutti i perseguitati, e poi, nel periodo del comunismo, “avvocato” dei suoi fedeli, specialmente dei tanti sacerdoti perseguitati e uccisi. Sì, è diventato “avvocato” di Dio su questa terra, poiché ha tenacemente difeso la verità e il diritto dell’uomo di vivere con Dio».

 

  1. Lo sguardo degli uomini e lo sguardo di Dio! Quando – come ho detto – io mi trovai davanti alla tomba del Card. Stepinac e mi fermai in preghiera con tanta e tanta gente percepii attivo il senso della fede del popolo di Dio. Il Papa spesso ne parla, rimandandoci così al magistero del Vaticano II (cf. Lumen gentium, n. 12): vuol dire che, con un singolare istinto, il santo e fedele popolo di Dio, quando conserva la comunione e vive di fede, speranza e carità … è in grado di riconoscere presente in un suo discepolo la fedeltà a Cristo e la dedizione alla Chiesa, rimanendone affascinato e stimolato al bene. Questo perché i beati e i santi sono per uno specchio di Cristo, un riflesso della sua santità.

Il card. Stepinac disse una volta: «sono le preghiere di tante anime buone che mi sostengono senza le quali non avrei potuto sopportare tutto questo» (Positio, p. 610). Mostrava così di percepire la forza positivamente contagiosa della comunione dei santi. Oggi la situazione è capovolta. È il beato Luigi Stepinac che ora con la sua intercessione ci protegge, ci aiuta e ci sostiene e noi, a nostra volta, gli diciamo: «aiutaci a essere coraggiosi nella fede, fiduciosi nella speranza e zelanti nella carità: sempre!» (dalla Preghiera al beato Luigi Stepinac del card. A. Comastri).