Omelia del Card. Lazzaro You Heung sik nella Memoria del Beato Cardinale Stepinac 2023

Santa Messa nella Memoria liturgica del Beato Cardinale A.V. Stepinac

Chiesa di San Girolamo dei Croati, Roma

Venerdì 10 Febbraio 2023, ore 18.30

Reverendo Rettore,

Cari Sacerdoti,

Cari Fratelli e Sorelle nel Signore, qui riuniti per questa celebrazione eucaristica!

 

È con immensa gioia che ho accolto l’invito del Rettore di questa splendida chiesa del centro di Roma, don Marko Đurin, a presiedere la Santa Eucaristia nella Memoria liturgica del beato Cardinale Stepinac, Arcivescovo di Zagabria. Sono venuto per celebrare per voi e con voi il sacrificio della Croce di Cristo che rinnova il mistero della Pasqua nel giorno in cui ricordiamo un “martire”, cioè un testimone; e per ringraziare il Signore del dono che ha fatto alla Chiesa di questo illustre figlio e grande Pastore della vostra Nazione.

 

Come sapete, ho avuto modo di visitare la terra croata nel mese di maggio dello scorso anno, quando, su invito del Cardinale Josip Bozanić, Arcivescovo di Zagabria, ho preso parte alla Festa della Madonna della “Kamenita Vrata” (Porta di Pietra), Patrona della città e di tutta la Croazia. Ricordo con viva commozione come proprio durante quella visita fui raggiunto dalla notizia che il Santo Padre mi chiamava a servire la Chiesa come Cardinale.

 

Il rosso della porpora mi ha richiamato subito il simbolo del martirio, cioè la vita donata usque ad effusionem sanguinis. Fra la moltitudine di cristiani messi a morte dai regimi comunisti nell’Europa dell’Est troviamo infatti anche molti martiri che non hanno sperimentato fisicamente la morte, ma che hanno vissuto, con la forza che viene dall’Alto, la loro adesione silenziosa e fedele a Cristo e alla Chiesa, perseverando intrepidi anche nei momenti più bui della storia.

 

In questo senso, potremmo definire il beato Cardinale Stepinac un “martire”; egli infatti ha voluto testimoniare la sua fede in Cristo, morto e risorto, comprovando che Gesù lo aveva scelto per inviarlo ad annunciare il Vangelo della carità: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 12-16).

 

Del beato Cardinale Stepinac, il Papa san Giovanni Paolo II, nella celebrazione della beatificazione, ebbe a dire: “È un momento storico nella vita della Chiesa e della vostra Nazione. Il Cardinale Arcivescovo di Zagabria, una figura di spicco della Chiesa cattolica, dopo aver subìto nel proprio corpo e nel proprio spirito le atrocità del sistema comunista, è ora consegnato alla memoria dei suoi connazionali con le fulgide insegne del martirio”.

 

L’Arcivescovo di Zagabria non si perse d’animo neanche quando nell’ottobre del 1946 arrivò la dura condanna a sedici anni di lavori forzati. Per rimanere fedele alla sua missione di Padre e Pastore del suo popolo, respinse tutte le sollecitazioni e le minacce che volevano costringerlo a dar vita a una Chiesa nazionale non in comunione però con la Sede di Pietro.

 

Chi è dunque il “martire”? Nessun altro se non colui che testimonia quanto il Signore Gesù sia il tutto e il senso della propria vita. Il beato Cardinale Stepinac ha incarnato il comandamento di Gesù, ha amato fino al dono totale di sé per amore di Cristo e della Chiesa.

 

È questo il significato più profondo dell’insegnamento del Signore contenuto nel Vangelo che abbiamo ascoltato: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12, 24-25). Che è un po’ come dire che chi fissa sempre lo sguardo su sé stesso non vede mai la strada e così si smarrisce, ma chi invece sa guardare la strada arriva sempre lontano, e proprio per questo ama veramente la propria vita.

 

I martiri non sono dei fanatici; non c’è fanatismo nel vero martirio, bensì esattamente il contrario. C’è l’umiltà di un seme che accetta di morire affinché la vita sia ancora più possibile: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

 

Il martirio cristiano non genera morte bensì vita. È un “” più profondo a Cristo e alla vita che passa attraverso il dono di sé. In questo senso ciò che i martiri della vostra nobile terra hanno vissuto, è simile a quello che capita in tante nostre case dove le persone, senza morire fisicamente, donano ogni giorno la propria vita per amore di qualcuno o di qualcosa.

 

Quando a un cristiano si chiede di rinnegare Cristo ciò, non è semplicemente rinunciare a qualche convinzione personale o a un qualche principio morale o teologico!

 

Il rifiuto di Cristo coincide con il rifiuto di tutto ciò che rende la vita davvero possibile e bella. Come si può continuare a vivere se non c’è più il motivo per cui vale la pena vivere? In questo senso ai giorni nostri risulta difficile capire la logica dei martiri, perché abbiamo trasformato Gesù in una convinzione o in un valore lodevole, ma Egli non ha mai smesso di essere per noi il Dio incarnato, l’“Umanato Verbo”, come direbbe Santa Maria Maddalena de’ Pazzi.

 

Nessuno che ama davvero accetterebbe di rinnegare l’Amato. Accetterebbe ogni tipo di conseguenza pur di non tradirlo. Ma questo lo capiscono solo quelli che amano. Gli altri lo considererebbero una pazzia.

 

Il seme che sprofonda nell’oscurità della terra è stato interpretato dai Padri della Chiesa come un’allusione simbolica all’Incarnazione del Figlio di Dio. Nel terreno sembra che la forza vitale del seme sia destinata a perdersi, perché il seme marcisce e muore. Ma, poi, la sorpresa della natura: in estate, quando biondeggiano le spighe, viene svelato il segreto profondo di quella “morte”.

 

Gesù, durante il discorso di Addio ai discepoli, sa che la morte sta per incombere sulla sua persona; tuttavia egli non la vede come una realtà ineluttabile che tutto divora. È vero che essa ha le caratteristiche di tenebra e di lacerazione, ma per Gesù la morte contiene una forza segreta, tipica del parto, un mistero cioè di fecondità e di vita. Alla luce di questa visione, si comprende un’altra espressione del Signore: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Sulla scia di questa via indicata da Lui, anche il discepolo affronta la sua “ora”.

 

Questa è la realtà che hanno vissuto i santi martiri, questo valore ha testimoniato il beato Cardinale Stepinac: ora siano proprio loro, assieme alla gloriosa Regina dei Martiri, ad accompagnare noi, ancora in cammino, nell’umile ed esaltante testimonianza quotidiana di quanto sia bello appartenere al Signore! Amen.